Un mobile antico è un bene prezioso, non solo dal punto di vita strettamente economico, ma soprattutto per quel che rappresenta in termini di ricordi o per le emozioni che evoca il trovarsi di fronte a qualcosa che ha “vissuto” in epoche passate.
Innanzitutto bisogna forse fare un po’ di chiarezza su cosa si intende per mobile antico.
Se è vero che ci si può fidare degli antiquari, è altrettanto vero che avere un minimo di conoscenza degli stili e delle tecniche di fabbricazione che si sono evolute nel corso dei secoli, aiuta non solo a sapere esattamente cosa si ha di fronte, ma anche a saperlo trattare nel migliore dei modi.
Un mobile antico non sarà mai lisciato o verniciato nella parte posteriore: i legni dei mobili antichi sono sempre tagliati a mano.
Le giunzioni non avranno colla o chiodi, ma incastri a coda di rondine o cavicchi in legno.
Un tarlo avanza nel legno procedendo a spirale; se uno spillo entra nel buco di un tarlo dritto in profondità, non è stato l’insetto a fare il buco.
Ci sono molte altre informazioni per definire con sicurezza l’antichità di un mobile, ma diamo per scontato di essere di fronte ad un esemplare d’epoca e vediamo come trattarlo per farlo durare a lungo, in tutta la sua bellezza.
Un mobile antico ha inevitabilmente i segni del tempo.
Possono essere cambiamenti dovuti al naturale scorrere degli anni, poiché il legno risente delle condizioni ambientali a cui è sottoposto, o segni di usura dovuti all’uso costante per cui è servito.
Queste possono essere definite le tracce naturali ed inevitabili che il tempo lascia sulle cose, oggetti d’arredamento compresi.
Ci sono poi i segni degli interventi operati di proposito dall’uomo e si possono riassumere nella scarsa cura o anche nella cura eccessiva ed errata.
Una pulizia trascurata può aver portato il legno ad essere sporco, incrostato o ammuffito, oppure pulizie continue ed esagerate possono aver consumato la superficie e arrotondato gli spigoli.
Si tratta di interventi che possono minare la salute del mobile stesso.
Infine, spesso l’uomo ha mutilato i pezzi di arredamento per incastrarli in spazi particolari, stretti ed angusti.
Se acquistiamo o ci troviamo ad avere un mobile che ha bisogno di essere rimesso a posto, possiamo procedere seguendo pochi, ma importanti consigli.
La prima, importante ed inevitabile fase è quella di una pulizia molto accurata, che elimini polvere, macchie e sporco anche dagli angoli più nascosti.
Per pulire un mobile con finiture a cera si può usare uno straccio imbevuto di essenza di trementina; per un mobile con finiture in gommalacca si usa una miscela di 100 ml di trementina, 50 ml di alcool a 94° e 50 ml di olio paglierino.
Si tampona accuratamente ogni parte con uno straccio di cotone e si ripassa con un panno morbido.
A volte la vernice è molto rovinata e la cosa migliore è eliminarla.
Se è necessario toglierla, conviene cominciare con sistemi blandi ed arrivare a quelli drastici solo in caso di necessità.
Un metodo abbastanza “dolce” consiste nel passare il legno con alcool a 94° che, da solo, asporta gli strati vernice.
Se questa operazione non è sufficiente, si può provare con uno sverniciatore apposito per legno, da usare con lana di vetro o spatola di legno duro; bisogna seguire attentamente le istruzioni fino a togliere ogni strato di vernice e terminare con una passata di alcool.
Sistemi drastici come l’utilizzo di soda caustica vanno lasciati agli esperti ed evitati su mobili di grande pregio.
A questo punto, vediamo come lucidare il mobile.
La lucidatura a gommalacca dona un gradevole aspetto di lucentezza ed è asciutta e morbida al tatto.
Prodotta da un insetto, la gommalacca è venduta in scaglie di colore chiaro, da diluire in alcool a 94 gradi in percentuale di circa il 30 – 50 %, o anche già pronta all’uso.
Il metodo migliore per trattare mobili antichi è quello a tampone.
Richiede un po’ di tempo e pazienza, ma il risultato sarà soddisfacente.
Il tampone va fatto con un quadrato di tela di cotone al cui centro va posta una pezzuola di lana non colorata, imbevuta di soluzione di gommalacca e strizzata.
Chiudendo i lembi della pezzuola e torcendoli si ottiene il tampone da passare sul mobile.
In prima fase si procede alla pomiciatura, ovvero l’otturazione dei pori del legno per ottenere una superficie liscia.
Si spolvera il mobile con polvere di pomice e si passa il tampone energicamente per farla penetrare.
Il tutto va ripetuto finché la superficie non appare perfetta, ma le ultime mani possono essere date senza pomice, per non rischiare macchie biancastre a lavoro finito.
Non deve rimanere traccia del pomice.
Dopo almeno un paio di giorni, si passa alla lucidatura, con un tampone nuovo.
Conviene dare più mani di gommalacca maggiormente diluita, a distanza di giorni tra l’una e l’altra, piuttosto che poche passate con gommalacca più densa.
Si passa il tampone seguendo le venature del legno e quando è asciutto, lo si fa scorrere via da un bordo, per imbeverlo di nuovo.
Nella seconda mano, quando la prima è perfettamente asciutta, si disegnano forme curve, come degli 8 , e poi dei cerchi.
Ad ogni mano la gommalacca dovrebbe essere più diluita, ed in genere bastano 3 – 4 mani, a distanza di giorni l’una dall’altra, perché il mobile acquisti un bell’aspetto.
L’ultima fase è quella della brillantatura, impegnativa, ma anche di soddisfazione.
Con un tampone nuovo, impregnato di gommalacca molto diluita, si eliminano eventuali segni, tracce di olio ed imperfezioni.
Il risultato sarà una lucidatura asciutta e brillante, per un mobile rinato.